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Il periodo migliore per eseguire la margotta è la fine dell'estate quando la pianta è alla fine del ciclo vegetativo, ha prodotto fiori e frutti ma ha ancora delle risorse disponibili. È possibile eseguirla anche all'inizio della primavera, verso la fine di marzo e agli inizi di aprile, quando le giornate sono più calde e c'è la ripresa vegetativa della pianta. Con la giusta umidità le radici si sviluppano rapidamente e nel giro di qualche settimana è possibile già avere a disposizione una nuova piantina. Tutte le piante possono essere riprodotte per margotta, ma ci sono alcune specie come il limone, il melograno, il mandorlo, il pesco, le rose e gli oleandri che avendo un fusto poco flessibile beneficiano di questa tecnica per la loro moltiplicazione. L'importante è scegliere i rami più giovani, quelli meno legnosi.
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Si distingue la margotta oltre a quella fatta sui rami, anche quella per propaggine o ceppaia. Nella tecnica per propaggine si sfruttano i rami molto flessibili delle piante madri, che vengono interrati ad una profondità di circa 40 cm. È chiamata moltiplicazione ad archetto, per la conformazione che assume il ramo. Nel caso di rami della pianta madre particolarmente lunghi è possibile creare più archetti. L'importante è che la parte esterna abbia una gemma, necessaria per poter sviluppare l'apparato fogliare delle nuove piante. È una riproduzione che molto spesso è naturale e in alcuni casi può presentarsi come un'infestante, poiché nuove piantine nascono involontariamente intorno alla pianta madre. La margotta per ceppaia viene eseguita sulle piante a portamento cespuglioso, in primavera vengono tagliati tutti i rami a livello del suolo, i tronchi scoperti vengono ricoperti di terriccio. L'umidità agevola la nascila di polloni lateralmente al tronco principale, ricoperti di terreno, dopo alcune settimane possono essere estirpati delicatamente e trapiantanti.
Quando ad una leggera pressione tra le mani del manicotto si avvertono le radici ben sviluppate è il momento di pensare al distacco e all'immediata messa a dimora delle nuove piantine. È necessario leggermente aprire il manicotto e osservare lo stato salutare delle radici e se sono sufficientemente spesse da poter essere trapiantate in aperto terreno. Il distacco deve essere fatto in modo graduale, lo stress è elevato e la nuova piantina potrebbe soffrire tanto da morire. Per questo motivo si può procedere a tagli parziali e completare l'operazione nel giro di un paio di settimane in modo da far abituare la nuova pianta a vivere di risorse proprie. La messa a dimora della piantina deve considerare l'estrema delicatezza dell'apparato radicale, per questo motivo il substrato deve essere molto soffice, quindi torba miscelata con un po' di sabbia per garantire massimo drenaggio. È consigliabile lasciare le piantine fino a che riprendono la vegetazione in una serra, dove possono essere protette dagli agenti atmosferici esterni.
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